Ragazzi,
colleghi e colleghe.
Chiedo innanzitutto scusa in anticipo per la discussione tediosa ma prendetela per quello che è: uno sfogo. Sono le parole di un infermiere che lavora da soli tre anni, che quindi non ha tutta l`esperienza di voi altri ma che ha bisogno di parlare con dei colleghi di una cosa brutta ma davvero brutta!
Farò una premessa.
Lavoro in un reparto di psichiatria dove si sta bene ma si potrebbe stare ancora meglio. Si potrebbe stare ancora meglio se si evitassero alcune dinamiche insipide che sono ormai presenti nel 90 per cento dei reparti italiani.
Il mio è un reparto dove i gruppi di lavoro o i cosiddetti turni, sono sempre gli stessi. Da questo ci si dovrebbe aspettare maggiore efficienza, dato che i membri del gruppo si conoscono da anni e quindi sono in perfetta sintonia.
Così non è e lasciatemelo pur dire.
Ci sono sempre quei due o tre elementi, divisi in uno o due gruppi, che devono seminare dissapore. Si tratta, spesso - ma si fa solo per dire e non per puntare il dito, dato che si ipotizza qualcosa di cui non si hanno prove certe ma solo un amaro sentore - di quelle persone che stanno spesso in malattia e che quando sono in reparto mettono in evidenza "le mancanze" degli altrui gruppi al fine di far funzionare meglio il reparto ma ufficialmente creano solo astio e discontento che poi sfocia o può sfociare in una lite.
C`è poi l`infermiera "anziana" di reparto che dice di aver ereditato il reparto dai primissimi infermieri e di conoscerne bene le regole. Quasi si ritiene l`unica a poter e dover insegnare agli altri. Altri che poi, ovviamente, non ascoltano e fanno di testa propria. Si tratta dell`infermiera che si aggira per il reparto, dando calci e pugni contro i contenitori della carta, ecc; quella che è sempre pronta a fare un appunto agli altri; quella che, anche se con rammarico, deve far notare le mancanze agli altri facendone un affare di stato per salvare il reparto che sta ormai affondando. Ma tu che la vedi sei certo che in realtà stia provando piacere in quello che fa. E la vedi che prende il paziente di turno e lo scaglia a terra (si, avete letto bene, non preoccupatevi!) senza dare spiegazioni. E` quella che etichetta i nuovi assunti "corti" riferendosi non all`altezza ma, ovviamente, alla misura del cervello. E` quella che, appena rientra dalle ferie, deve subito trovare un argomento - un mio carissimo collega direbbe "un argomento qualsivoglia" per iniziare a creare astio.
C`è chi, come me, è un pò orgoglioso, è un pò emotivo, è un pò coglione e cade sempre in questi... come vogliamo chiamarli? Tranelli? Non so, fate voi. Questo infermiere, coglione o non, accumula, accumula. FA di tutto per non lasciare indietro mancanze. Si arrabbia, quasi insulta il collega del suo turno (il turno più deficitario a detta di alcuni) che se ne sta tranquillo e sembra non essere minimamente sfiorato da queste storie nere. E` l`infermiere, definito da molti giovane, che fa finta di credere nel reparto (o forse ci crede veramente, perché la psichiatria è l`ambito in cui è sempre voluto essere) ed essendo emotivo ed orgoglioso risente maggiormente di tutte queste dinamiche velenose di reparto. NOn ho usato velenose a caso, poiché proprio come un veleno, le parole si insinuano nella sua mente e a volte - non sempre, come credono alcuni - si ritrova lì da solo a riflettere a ciò che è stato detto e si convince che i colleghi, per quanto anziani e bravi, non abbiano il diritto di parlare sempre, anche sulla stupidata. Perché una cosa è sbagliare farmaco, trattare male un paziente, essere negligente; ben altra cosa è lasciare l`esecuzione dell`ecg ai colleghi del turno entrante qualora il paziente entri in reparto (come sempre accade) all`ora di smonto e delle consegne.
Si tratta del classico infermiere che, anche se si può pensare diversamente, ama il vivi e lascia vivere; lavora con tutti perché ha da imparare da tutti, anche se alcuni sono scontrosi e - per l`appunto - petulanti e velenosi. Ma è quel coglione di cui sopra che si porta sempre dentro la dose di veleno e mano a mano che questa cresce inizia a diventare come una pentola a pressione ed è lì pronto ad esplodere.
Comincia ad attendere l`occasione che un collega, chiunque sia, lasci qualcosa indietro per farglielo subito notare e così trovare, non so... rivendicazione?
Vendetta, forse. Un sentimento così meschino che non si dovrebbe nemmeno scrivere ma che purtroppo, in una mente ottenebrata dalla rabbia come quella dell`infermiere in questione, diventa l`unica parola lampeggiante.
Ed ecco che accade!
La collega meno cattiva, quella che ti fa notare le cose perché le piace essere precisa - precisina - e non cattiva e "smaronante", inizia a farti notare delle mancanze. Non le fa notare a te ma al collega del tuo turno che in questo momento è di "jolly" nel suo. Dice "Però, quelli del turno di notte..." e tu cominci a bruciare ma cerchi ancora di recuperare (ammesso che, per una cosa così stupida e senza significato, ci sia davvero qualcosa da recuperare) e quindi gliene parli e le fai capire che cominci ad averne le scatole piene.
Ed ecco che incontra un membro del tuo turno in palestra e mentre questi si allena, gli va vicino e dice "sai, vi siete dimenticati anche questo. Meno male che non se ne siano accorti gli altri".
Ed è allora che l`infermiere coglione è pronto a tutto!
Va a prendere le consegne con un unico scopo: se mi rompe le "ventole" arrivo allo scontro, così la finiamo una volta per tutte. E lo scontro avviene. La collega prende in carico un paziente alle 18 e 40, quasi 50. Non fa l`ecg e l`infermiere coglione glielo fa notare, solo che si esprime come uno scaricatore di porto.
In quell`attimo tutto sembra fermarsi ma è troppo tardi per tornare indietro. Non può e non vuole più farlo e la collega lascia il reparto indignata.
I colleghi di turno dell`infermiere coglione, gli fanno capire che ha esagerato ma lui non lo ammette. A torto, forse a ragione. E l`indomani mattina, al cambio turno il clima di reparto è gelido. I due quasi non si parlano, fatta eccezione per qualche scambio diplomatico sull`uso di una provetta per l`urinocoltura e per la segnalazione al mdg della presunta caduta di una paziente.
L`infermiere coglione se ne va. Dentro di sè ormai ha quel fuoco, il classico divampo che brucia quando si sa di aver fatto una cosa sbagliata ma la si giustifica dicendo "era l`unico modo per farla smettere".
Inutile dirlo adesso. Il protagonista di questa storia non tornerà indietro. Lo ha fatto altre volte ma non lo farà adesso. Ormai ha deciso di seguire questa direttiva e lo farà. Forse è troppo orgoglioso per tonare sui propri passi o forse è stanco e vuole un pò di pace, che si può trovare solo con la rabbia.
Una bravissima collega (brava anche a livello umano) gli dice che ha sbagliato, che la collega con cui si è "scontrato" è debole e non sa difendersi (però sa attaccare e come!) - dice dentro di sè l`infermiere coglione. Questa collega gli dice che lei si sarebbe saputa difendere ed ecco che il protagonista, l`antieroe di questa storia, promette a se stesso che se ci sarà motivo si lancerà anche contro l`infermiera brava. Forse per dimostrare che non la teme o forse perché è in un momento in cui si è rotto le scatole.
Concludo chiedendo a tutte le colleghe ed i colleghi più esperti. Aiutate le nuove generazioni a crescere anche a livello di pace nei reparti e non siate sempre motivo di guerra.
Perdonate lo sfogo di un infermiere di "tre anni" ma sarei lieto di leggere i vostri commenti in merito.