19/07/2013 14:48:02
FUORI LISTA (parte 2) Il problema poteva allora essere un altro, doveva capire quale, con calma, tanto c’era tempo fino a venerdì e prendere la cosa come un passatempo, un diversivo, niente di più e continuare a non perderci il sonno, anche se la curiosità aumentava ed era tentato di chiedere direttamente al suo contatto in caso, però, non subito: avrebbe aspettato venerdì, un attimo prima di concludere. Tanto aveva già visto quello di cui si trattava, tutto perfetto, ineccepibile, anche se c’erano altri pezzi simili in giro di sicuro nessuno era come quello, per questo era tentato, nonostante quelle oscillazioni di prezzo che non lo convincevano fino in fondo. Però non è roba che si trova dal droghiere all’angolo e anche sapere un prezzo non era una passeggiata: del resto nella Rete nessuno è davvero anonimo e troppe volte sei l’ultimo bersaglio del cecchino che ti tiene sotto tiro da una vita e tiri avanti solo perché sei un pesce troppo piccolo. Venerdì. E poi, in ogni caso buon fine settimana a tutti. Martedì mamma Rete ha parlato ma non ha detto molto, notizie abbastanza confuse che vedevano il pezzo in questione passare dallo status di mediocrità a quello di santo Graal dei collezionisti; qualcosa non quadrava ma il desiderio di averlo stava aumentando soprattutto per l’idea di possedere qualcosa di quasi unico a dispetto pure delle sentenze della Rete. Il problema restava l’aspetto economico: negli ultimi tempi, infatti, la collezione non era cresciuta in modo significativo e tutti i nuovi arrivi fuori lista non erano stati acquistati ma erano frutto di una serie di scambi con alcuni doppioni (a suo dire amichevole i repliconi) che aveva messo da parte proprio per questo scopo. In pratica si era disabituato a dover mettere mano al portafoglio e l’idea di quella spesa tutta in un colpo lo lasciava interdetto: ci doveva ancora ragionare e martedì intanto se ne era andato senza aumentare di un nulla le sue informazioni, portandosi dietro piuttosto una bella dose di meteosismi. Infatti il mercoledì era cominciato nel peggiore dei modi, già durante tutta la notte il vento non gli aveva fatto chiudere occhio nonostante l’insonorizzazione della stanza da letto: sembrava che l’intera struttura dell’edificio dovesse essere tirata su da terra e finire nello spazio a vagabondare tra i rottami di qualche stazione orbitante smantellata e mai rimessa in funzione. Peccato, perché l’idea delle colonie non era male, niente di originale ma poteva essere una buona soluzione a qualcuno dei problemi del pianeta; poi però la solita burocrazia, conflitti di competenze, tanti soldi finiti nelle tasche sbagliate e tutto lasciato alla malora. Il vento lo detestava più di ogni altra conseguenza dei meteosismi, lo sentiva dentro, come se qualcuno lo pizzicasse con insistenza soprattutto nella parte bassa della gabbia toracica e gli sembrava di dover tirare il fiato fino all’ultima molecola di ossigeno per riuscire a respirare come un essere umano: già, per ovviare all’inconveniente avevano inventato il pneumofilter. E poi il vento non era mai pulito, sembrava fatto di oscurità leggera ma capace di velare lo sguardo e appesantirlo senza però permettergli di assopirsi. Al lavoro avrebbe avuto sonno e sarebbe stato irritabile con la barba pungente di due giorni e mezzo che gli avrebbe dato noia contro il colletto rigido della camicia; era riuscito a sonnecchiare poco prima della sveglia quindi si era trattenuto a letto più del dovuto e non aveva nemmeno pensato di accendere il rasoio elettrico: all’ora di pranzo la giornata si era svolta come da copione e non era riuscito a ritagliarsi nemmeno un attimo per un caffè. Inoltre aveva da un po’ la sensazione che qualcuno dei suoi colleghi fosse pronto a fargli le scarpe e si aspettava una convocazione del capo da un momento all’altro per qualche seccatura. Non sarebbe stata la prima volta ma di solito gli inviti a rendere conto del proprio operato gli arrivavano in estate, a bocce ferme, anche in questo caso poteva solo aspettare, sperando di evitare noie peggiori di quelle ordinarie. Di certo il suo nome non sarebbe mai comparso nella bacheca in cui capeggiavano come gigantografie quelli dei dipendenti del mese. Almeno per un po’ non aveva pensato alla trattativa in corso o meglio in stallo, sempre sul solito binario morto e con il desiderio di acquisto del giorno prima che si era spento, forse portato via a forza dal vento della notte. Più che altro aveva avuto modo di notare che alcuni suoi pezzi non erano completi come pensava e che altri erano migliori di quello che c’era sul mercato e quindi non aveva senso azzardare una spesa abbastanza considerevole e soprattutto fuori lista. Era importante tenere fede a questo principio per evitare di disperdere tempo e risorse in altre inevitabili ricerche: i pezzi mancanti da una lista dei desideri non erano mai nello stato in cui si aspettava l’autore della lista stessa. Inevitabilmente presentavano qualche imperfezione o mancanza, l’involucro risultava in qualche punto deteriorato o solarizzato, gli angoli delle confezioni spesso piegati, qualche abrasione e, quando tutto era a posto, il prezzo troppo alto o il venditore vaporizzato, irrintracciabile. Del resto era tutta gente che si nascondeva dietro nick bizzarri, i contatti non erano troppo problematici, ma concludere a buon fine era tutta un’altra faccenda: dalla Rete prendi ma nella Rete rischi di restarci. Finora a lui era andata bene ma il vento, tanto per restare in tema, stava cambiando perché il controllo, quello serio con la lettera maiuscola, diventava ogni giorno più capillare e repressivo. Tanto più che lui stava rischiando qualcosa più del dovuto per portare a casa un minimo guadagno, così irrisorio che gli serviva soprattutto per sentirsi appagato e mettersi in gioco come venditore, un’occupazione totalmente diversa da quella di tutti i giorni. FINE PARTE 2
|
19/07/2013 14:49:42
FUORI LISTA (parte 3) Questo poi lo faceva lavorare peggio del solito e c’era sempre chi stava dietro la porta pronto ad un’inutile ma fastidiosa reprimenda; oppure, la solita ma sempre imprevista circolare urgente e straordinaria lo costringeva a farsi un viaggetto su qualche satellite di un settore contaminato per camuffare la situazione e mettere una bella cravatta al maiale durante la campagna per le presidenziali. Almeno avrebbe avuto l’occasione di starsene un po’ per i fatti suoi, evitando il buongiorno di circostanza e le cerimonie da mensa aziendale. Di sicuro se anche avesse cominciato ad alzare la voce e tirare i remi in barca non avrebbero potuto spedirlo in una delle colonie penali sparse per la galassia accusandolo di negligenza. E poi non siamo in un vecchio film dello scorso millennio dove bastava un pastrano di pelle nera per dare carisma ad un protagonista sempre di corsa e sempre sotto una pioggia cinerina: è vero che si va di corsa e sotto frequenti acquazzoni scuri ma non ci sono alieni di nessun genere a farci compagnia; se anche ce ne fossero chissà dove oltre le nostre mappe interstellari si sarebbero tenuti alla larga da questo campionario di nevrastenie. Mai cinematografia fu meno profetica: astronavi, replicanti, intelligenze artificiali, clonazioni, in effetti c’è un po’ tutto ma in modo molto più banale e massificato. Non fantascienza: solo normoscienza ipertecnologica. In un penitenziario poi non gli avrebbero permesso di portarsi la collezione e questa era una specie di chiodo fisso perché rappresentava un punto fermo, una certezza, era la sua creatura: un paio di volte aveva deciso di lasciar perdere tutto in seguito a qualche piccolo affaruccio rivelatosi un bidone ma poi, passata la delusione del momento, era tornato in sella e aveva rinunciato anche ad intascare belle somme pur di non cedere i suoi pezzi da novanta, l’artiglieria pesante, come gli piaceva definirli. Valutazioni, recensioni, discussioni, tutto lo interessava soprattutto a titolo di speculazione e statistiche, tanto che a volte si metteva a gironzolare per casa simulando ad alta voce conversazioni con interlocutori immaginari per testare le proprie conoscenze e le tecniche di persuasione in presenza di un alter ego sempre diffidente e fermo sulle proprie posizioni. Quando gli era possibile acquistava qualche pezzo economico in più esemplari fino a un massimo di quattro e poi li utilizzava come merce di scambio: anche in questo caso non otteneva mai grandi vantaggi in termini economici ma si risparmiava qualche seccatura organizzativa, visto che lo scambio avveniva sempre di persona e l’assenza di virtualità assicurava all’affare quel retrogusto vintage che lo appagava più dello scambio stesso. Alcuni stereotipi comunicativi del commerciante lo colpivano per la banalità e al tempo stesso l’efficacia che avevano sul potenziale compratore: era giunto alla conclusione che l’acquirente voleva sentirsi rassicurato sull’eccezionalità del pezzo proposto e al tempo stesso voleva essere ingannato figurandosi quasi come prediletto dalla sorte che gli aveva offerto inevitabilmente quell’occasione. Un piccolo saggio della consolidata e prevedibile arte dell’affabulatore: “Guarda, te lo vendo a meno di quello che l’ho pagato io perché è un periodaccio, (oppure le varianti: sono sotto spese, devo monetizzare, devo rientrare di un po’ di soldi), lo terrei se non avessi quest’urgenza, già un altro paio di persone me l’hanno chiesto ma prima ho pensato che tu potevi essere interessato, non c’è problema pensaci un paio di giorni ma non di più perché ho già trovato a chi piazzarlo, sto dismettendo questi pezzi perché mi specializzo in un altro genere e allora voglio fare una selezione immediata per evitare ripensamenti…”. Ecco, il collezionista il più delle volte sceglie di crederci, è un pesce che ha deciso di abboccare all’amo consapevole di essere in trappola ma ha troppa fame ed è stato troppo ingolosito dal quell’esca che vede a un soffio di distanza. Il gioco è tutto qui: basta saper accendere il desiderio e poi venerdì arriva. Intanto si era fatto giovedì e il vento sembrava essersi calmato, almeno quello, in compenso un’aria umida e maleodorante rendeva più faticoso del solito -a tutti e non solo a lui- respirare e non si poteva o meglio doveva fare a meno dell’ausilio del pneumofilter: le autorità lo avevano reso obbligatorio da almeno due decenni ed erano previste sanzioni penali per chi fosse stato sorpreso senza. Non era pensabile e tollerato che qualcuno si ammalasse per negligenza, sarebbe stato un dispendio di risorse troppo grande per il sistema e il sistema si preoccupa della sua sopravvivenza economica più di quanto si curi di quella fisica delle sue cellule, inoltre agire da tanocrate dei suoi alveoli equivarrebbe a un suicidio. Il penitenziario coi suoi lavori forzati produce, il sanatorio consuma: la filosofia del sistema ha la sua efficacia, un’ape regina detronizzata, ora alla guida di un formicaio bizzoso. Sull’altro versante, tutte informazioni discordanti e tanta voglia di comprare alla faccia dei buoni propositi di riflessione e pazienza. E alla faccia pure della lista, ok è vero, era fuori lista però che importava, era perfetto, davvero un gioiello a suo vedere non proprio unico ma appetibile, piuttosto costoso niente di più. La decisione era quasi presa, sembrava naturale, l’avrebbe comprato e poi quell’aria tanto opprimente nonostante lo pneumofilter doveva essere compensata in qualche modo: bisognava trovare un’occasione per gratificarsi e la collezione era sempre lì, ben custodita sotto chiave a multicombinazione variabile e ben contenta di fare spazio ad un nuovo arrivato. È vero, stava rinnegando tutte le considerazioni dei giorni precedenti ma non gli importava, in fin dei conti chi diavolo l’aveva scritta la lista se non lui stesso: almeno in questo poteva non essere coerente e i cambi di rotta facevano anch’essi parte dell’arte del mercanteggiare disorientando il venditore, togliendogli punti di riferimento e dissimulando le reali intenzioni dell’acquirente, che per la verità risultavano oscure perfino al soggetto interessato. Sapeva questo: spessissimo posizioni che sembravano inconciliabili finivano per incontrarsi con compromessi assurdi per una mente ordinaria ma abbastanza comprensibili da una logica entrata nell’abisso del collezionismo. Inoltre il collezionista più convinto ed accanito finiva per preferire la rarità all’estetica: sceglieva cioè di aggiungere pezzi che non lo entusiasmavano ma sapeva rari piuttosto che materiale di suo gusto però più comune. FINE PARTE 3
|
19/07/2013 14:51:33
FUORI LISTA (Conclusione) Giovedì sera: tutta la giornata il Sistema era stato presente e grigio con la sua presunta giustizia tanto sofisticata da comminare pene inversamente proporzionali alla gravità del reato commesso e per giunta in tempi geologici: ultima sopravvivenza di un passato rimasto uguale a se stesso, in barba a ogni modernizzazione diventata realtà prima di subito. Normale amministrazione, quando poteva lui pensava ad altro, in modo particolare alle future conversazioni in cui avrebbe potuto compiacersi degli affari conclusi o in dirittura di arrivo magari offrendo anche qualcosa da bere perché è facile e preferibile fare la parte del signore con una piccola spesa. Esercitava così l’arte raffinata della mimetizzazione: quando era costretto ad essere presente fisicamente nessuno poteva costringerlo all’attenzione nonostante girasse voce di nanotecnologie che a breve avrebbero condizionato e indotto anche il senso del dovere. E mamma Rete avrebbe giocato in tutto questo il suo ruolo da regina con una bella metamorfosi dei suoi figli in sudditi: era evidente (a pochi) e inevitabile (ai più). Notte tra giovedì e venerdì: dormiva poco, aveva fretta che arrivasse il momento di dare la sua risposta affermativa all’affare, assolutamente prioritario su tutto il resto che lo aspettava anzi che incombeva. Di solito lo schermo acceso e ininterrottamente ciarliero gli conciliava il sonno ma stavolta proprio non c’era verso: si sarebbe dovuto accontentare di frammenti di riposo e niente di più. Poi per fortuna la sveglia avrebbe messo fine al tip-tap fra letto e crioteca dove teneva le bevande semighiacciate: gli serviva un po’ d’acqua fredda perché quel maledetto pneumofilter gli irritava sempre la trachea e gli lasciava come souvenir un pizzico di tosse insopportabile a completare il quadro delle cause della sua insonnia per quella notte. Aveva saputo poi, dalle ultime notizie dello schermo, che era stata appena diramata un’ordinanza che prolungava l’obbligo di indossare il succhiossigeno (come lo aveva ribattezzato) fino alla fine del mese e mancavano ancora più di tre settimane. E maledetti pure i meteosismi. Venerdì mattina: affare fatto, era stato concluso con una telefonata al volo prima di iniziare a lavorare; mancava solo il pagamento, come sempre tutto sull’unghia niente rate niente lungaggini, avrebbe provveduto nella pausa pranzo sempre che non fosse uscita qualche grana dell’ultimo istante che lo avrebbe costretto a ritardare il suo programma. Non c’era alternativa, non c’era mai stata, che quel pezzo avrebbe fatto parte della sua collezione, nonostante fosse un fuori lista, era scritto. Se lo rigirava per le mani, lentamente, con cura, con sentimento: utilizzava guanti in lattice per non lasciare patine di nessun tipo. Perfetto; forse, ad essere pignoli oltre il consentito, un’insignificante sbeccatura appena percettibile, ma era pur sempre un oggetto usato. Doveva trovargli il posto più adatto per valorizzarlo, vicino agli altri suoi tesori, ma lo avrebbe fatto con calma: intanto l’importante era averlo. Gli metteva sempre pensiero modificare la disposizione perché significare rimettere in gioco un equilibrio ormai ritenuto perfetto. Comunque, per farla breve, questo il pezzo in questione: una tazzina del servizio da tè del Cappellaio Matto. Non era della lista perché dal Paese delle Meraviglie aveva già l’orologio da taschino del Bianconiglio, oggetto indiscutibilmente di maggior pregio. In ogni caso se a qualcuno dovesse capitare di imbattersi in uno di questi pezzi, ecco la lista dei desideri: 1) tovaglietta a scacchi bianchi e rossi del cestino di Cappuccetto Rosso; 2) almeno due briciole di pane superstiti tra quelle lasciate da Pollicino; 3) abbecedario brossurato di Pinocchio; 4) manico della scopa utilizzato da Cenerentola prima del matrimonio; 5) mattoncino in pasta di zucchero dalla casa di marzapane della strega di Hänsel e Gretel; 6) spicchio della mela lasciato dalla regina Grimilde a Biancaneve. Non stiamo a perdere tempo con le solite frasi fatte e i luoghi comuni sulle rarità quasi introvabili perché, per accaparrarsele, bastano pazienza e denaro, per il resto sono solo oggetti. FINE Seravon
|
20/07/2013 02:43:39
Molto piacevole! Grazie per averlo condiviso.
|
20/07/2013 18:53:27
|
20/07/2013 23:02:48
Grazie mille ragazzi!
|
22/07/2013 15:19:27
|